VINO: “Ciliegiolo Golfo Del Tigullio Doc” – Cantine Bregante
BRANO: Borracho-Wiskey for the Holy Ghost , Mark Lanegan, Sub Pop Records (1994)
La Mesciüa è considerata un piatto povero, o meglio, di recupero nel vero senso della parola. Infatti, si ritiene che la ricetta sia da attribuire alle mogli dei lavoratori del porto della Spezia che spesso si recavano alle banchine per raccattare tutte le granaglie cadute dalle fenditure dei sacchi. Nel dialetto spezzino il termine “mesciüa ” significa “mescolata” e deriva dal fatto che questa zuppa veniva preparata con gli ingredienti che si riusciva a recuperare dalle operazioni di sbarco e imbarco delle navi e che, poi, venivano mischiati tra loro per essere cucinati. Alcuni raccontano che il piatto sia stato inventato in un giorno di magra, quando non bastavano i fagioli per una fagiolata, né il grano per fare il pane; quindi si mischiarono i rimasugli di entrambi, a cui si aggiunsero i ceci. Ogni legume viene cucinato separatamente in base ai rispettivi tempi di cottura e, solo all’ultimo, vengono uniti nel piatto da portata e conditi con olio ligure e una spolverata di pepe.
Ingredienti
- 300 g di fagioli cannellini secchi
- 200 g di ceci secchi
- 100 g di grano farro perlato
- qualche pizzico di bicarbonato di sodio
- olio extravergine di oliva ligure
- uno spicchio di aglio
- 3 foglie di salvia,
- sale grosso marino
- pepe nero al mulinello
Procedimento
Mettete separatamente a bagno in abbondante acqua con un pizzico di bicarbonato, i ceci, i fagioli (per il grano farro perlato non serve); lasciate rinvenire i ceci per circa 18-20 ore e i fagioli 12 ore. Sciacquate bene, per eliminare i residui di bicarbonato e scolate. Fateli cuocere in pentole diverse: i ceci 3 ore, i fagioli 1 ora circa (assaggiate sempre perché la tenerezza dipende anche dalla qualità dei legumi). Se necessario durante la cottura schiumate e aggiungete il sale verso la fine. Quando i ceci saranno quasi cotti, unite i fagioli e il grano farro, aggiungendo se necessario acqua fredda fino a coprirli; unite uno spicchio di aglio intero pulito e le foglie di salvia, portate a bollore e fate cuocere ancora per 15- 20′ circa. Quando sarà pronta, controllate la sapidità e servite la Mesciüa in ogni piatto, condite con olio extravergine di oliva e una macinata di pepe nero.
Mentre cucino sull’altro piatto suona…
In copertina un portacenere pieno ospita una sigaretta fumante, vicino una copia chiusa della Bibbia, dietro una bottiglia di whiskey e un bicchiere che qualcuno non ha finito di bere. Così si presenta “Whiskey For The Holy Ghost”, secondo disco solista di Mark Lanegan, cantante degli Screaming Trees (formazione rock di Seattle) e menestrello delle parti scure dell’anima. Nel suo secondo album solista, “Whiskey for the Holy Ghost”, Mark Lanegan ha utilizzato il suono e lo stile di “The Winding Sheet” come punto di partenza. Lanegan ha scelto nuovamente Johnson come suo principale collaboratore e ha portato alcuni altri musicisti (Tad Doyle, J. Mascis, Dan Peters) per contribuire al lavoro. Questa collezione offre più varietà, arrangiamenti più sottili e idee e un suono molto migliore rispetto al precedente album. Senza interrompere il flusso delle canzoni, vengono aggiunti tocchi di violino, organo e anche sassofono alla mescolanza generalmente scura di Folk e Blues. Ma è la voce di Lanegan la vera protagonista dell’album, la forza dei suoi vocali che sembrano frutto di un’improvvisazione live più che di una session in studio. L’universo poetico di Lanegan è pieno di ansia e dolore, ma non è difficile scorgere del puro, assoluto fascino in ciò, fin dai primi ascolti: le trame dolci e luminose delle chitarre, i testi pieni di immagini e situazioni forti e riconoscibili, gli arrangiamenti discreti ma creativi ne fanno un prodotto che può benissimo inserirsi nella grande tradizione dei poeti in musica come Nick Cave e Leonard Cohen. L’ America cantata da Mark è quella vecchia dei film e dei saloon e le canzoni sono più letterate e meglio realizzate che sul debutto, le disposizioni sono sottili e sostenute (spesso escono da chitarre elettriche per tastiere e strumenti acustici) e la voce di Lanegan, bagnata da bourbon e nicotina, trasforma il dolore profondo del blues del paese ( una chiara ispirazione per questa musica) in qualcosa di nuovo, convincente, e interamente suo.