Le prime testimonianze raccolte. E l’invito a “raccontarsi” esteso a tutti i viticoltori liguri
Non c’è nessuno meglio di loro che possa raccontare com’è la situazione attuale in vigna e in cantina in questi strani giorni. “Loro” sono i viticoltori liguri, abituati sì a resistere, ma fino a un certo punto. Per capire – al di là di numeri, statistiche e previsioni – in quale stato versa la viticoltura regionale, abbiamo raccolto alcune testimonianze nel tentativo di attivare un dibattito costruttivo sulla condizione attuale, lanciando l’hasthag #iorestoinvigna.
Il primo a rispondere al nostro appello è stato Agostino Guglierame, 72 anni, molti dei quali passati, appunto, in vigna. Insieme al fratello Raffaele ha ereditato l’azienda del padre, un’azienda che esiste dal 1856 e che a Pornassio, in provincia di Imperia, ha fatto la storia dell’Ormeasco: «Quella che stiamo vivendo in queste settimane è una situazione difficile per tutti i produttori , soprattutto per i più piccoli, dato che vendono o direttamente in azienda o ai ristoranti, alle enoteche, ai bar e ai piccoli negozi, tutte realtà che risultano attualmente chiuse – racconta Guglierame – Come sappiamo sono ferme anche le esportazioni (ndr l’azienda Guglierame esporta circa 2 mila bottiglie l’anno, soprattutto in Belgio e in America, su un totale di 15 mila). E se lo scorso anno non siamo riusciti a soddisfare la domanda, svuotando la cantina, oggi ci preoccupiamo di riuscire a vendere almeno una parte di quanto produrremo, considerati gli ordini bloccati e i pochi incassi.»
Preoccupato è anche Andrea Marcesini, presidente del Consorzio dei produttori liguri oltre che viticoltore nei Colli di Luni con la sua azienda La Felce. «Ci troviamo nell’incertezza, ogni giorno più profonda. Incertezza di quando finirà o per lo meno migliorerà l’attuale situazione sanitaria e l’incertezza di quando e cosa realmente verrà messo in campo come aiuti alle imprese, dato che al momento di tangibile non si è ancora visto nulla. Di contro nella realtà, le aziende stanno continuando a far lavorare i dipendenti dato che non si può spegnere il ciclo della natura e dobbiamo essere in campo ogni giorno per far fronte alle esigenze delle vigne che con l’avanzare della stagione hanno sempre più bisogno di ore di lavoro, di prodotti fitosanitari, carburanti per mezzi e molto altro. A livello di commercializzazione – prosegue Marcesini – siamo pressoché a fatturato zero, proprio nel momento in cui saremmo dovuti ripartire, venendo dal periodo fisiologicamente più calmo come vendite che è l’inverno. Un altro aspetto preoccupante sarà la gestione della nuova produzione, la vendemmia 2020, in quanto la maggior parte delle aziende avrà difficoltà a trovare spazio in cantina. Lo scenario – chiosa il presidente – è prodotto 2019 invenduto e spese per l’annata 2020 da affrontare senza nuova liquidità. In sintesi una perdita economica immane pari al fatturato di due anni.»
Anche quanto racconta Daniele Parma, titolare dell’azienda La Ricolla di Ne, in provincia di Genova, è nel segno dell’incertezza e del disagio: «Credo di rappresentare la situazione di migliaia di azienda agricole in Liguria e in Italia, o almeno quelle che hanno la ristorazione e le enoteche come clientela di riferimento. I nostri vigneti, uliveti e campi in generale non ci permettono di stare a casa, soprattutto per chi ha dipendenti. Nel mio caso è impensabile gestire 13 ettari tra vigneti, uliveti, campi e strade interpoderali, confini e piccoli boschi da solo senza trascurare porzioni di essi o lotti interi. Oggi lavoriamo per non vanificare anni, se non decenni, di sacrifici fatti per riportare a produzione questi terreni. Questo finché me lo potrò permettere, massimo 2, 3 poi sarò costretto, salvo aiuti esterni, ad arrendermi. In più, avendo convertito l’azienda ad agricoltura biodinamica, il mio sforzo è ancora maggiore. In cantina la situazione non migliora – continua Parma – Oggi il grande dilemma è se andare comunque in bottiglia o tenere i vini in vasca. Di certo c’è che anche in cantina i vini vanno monitorati per mantenere il livello qualitativo adeguato. Quando arriverà il caldo, inoltre, i controlli aumenteranno per mantenere le temperature adeguate nei locali predisposti a conservazione e affinamento. Tutto questo di fronte a fatturato zero o poco più, poco più perché mia moglie Milva si è attivata con la vendita online e devo dire che il territorio ha risposto bene: abbiamo venduto con soddisfazione a privati e amici che ringrazio sinceramente.»
Infine, da Ortovero (SV), Laura Basso, anima e corpo insieme al marito Antonio dell’azienda Durin, parla di “incassi zero” e “tante spese”: «I tempi si stanno dilatando parecchio per cui parte della stagione sarà da considerarsi irrimediabilmente persa. Dal punto di vista economico io valuto il danno estremamente rilevante. Il problema di noi viticoltori è che non possiamo mettere i dipendenti in cassa integrazione poiché continuiamo a lavorare in vigna. Gli adempimenti fiscali, poi, sono solo rimandati ma non cancellati.» Ma Laura ammette di non aver mai smesso di pensare in modo positivo. «Il lato buono è che ho finito di correre, nel senso che ho dedicato tempo alla casa, alla sistemazione straordinaria dell’ufficio e ad altre cose per cui non avevo mai tempo. Ho tanto di quell’arretrato e scartoffie da sistemare che almeno il tempo mi passa in fretta.»