È finita l’era del localismo. Crescita dell’export oltre il 76%, il più alto in Italia
Qualcuno di voi ricorderà storicamente il “grande balzo in avanti” promosso da Mao in Cina fra il 1958 e il 1961. Si trattava di una riforma che nell’intenzione del promotore avrebbe dovuto far uscire la Cina da un’economia rurale arretrata e proiettarla verso una fase di grande sviluppo industriale, il tutto, ovviamente, su basi collettive.
In avanti, per Mao, voleva dire abbandonare l’agricoltura e andare verso l’industrializzazione.
La riforma, però, non diede del tutto l’effetto sperato e fu anche una delle cause (se non la causa principale) della grave carestia che colpì la Cina nel 1960 e che causò la morte per fame di qualche decina di milioni di persone.
Un grande balzo in avanti, cari lettori, lo ha fatto anche il vino ligure, in un suo centrale aspetto economico, proprio nell’ultimo anno e senza effetti negativi.
In realtà, a differenza del progetto maoista, per l’esattezza il grande balzo è stato fatto verso lo sviluppo di un’economia agricola legata appunto alla produzione e commercializzazione vinicola.
Quello che è accaduto, infatti, dimostra che il vino ligure di qualità sta uscendo da una condizione di mercato prettamente regionale (importante e necessaria, ma non sufficiente) e proietta la sua immagine sui mercati internazionali, ovviamente tenendo conto di quelle che sono le quantità prodotte in valore assoluto.
Forse è arrivato il momento della fine di quel localismo di mercato – che abbiamo sempre evidenziato come una criticità del settore – come dimostra questa interessante tendenza sui mercati esteri. Veniamo ai dati e leggiamoli nella tabella seguente.
Fonte: Nomisma e ISTAT
La tabella si riferisce al valore economico (in migliaia di euro) dell’export regionale di vino. I dati attualmente più aggiornati si riferiscono al 2017 (prima colonna numerica) e mostrano come la Liguria oggi sia quasi al livello della Sardegna, facendo registrare un valore dell’export di circa 21 milioni di euro. Nel frattempo essa ha distanziato parecchio regioni come la Calabria, la Basilicata e la Valle d’Aosta, quest’ultima sempre paragonata alla Liguria come quantità e modello di produzione (la viticultura eroica e sui terrazzamenti).
Nell’ultima colonna, invece, viene comparato questo dato come crescita/decrescita percentuale di lungo periodo sul valore fatto registrare nel 2012.
La Liguria segna un incremento del 76,8%, che è il più alto incremento fatto registrare da tutte le regioni italiane. Ecco il grande balzo in avanti dell’export di vino ligure. E proprio relativo all’indicatore economico.
Il balzo, però, non è stato solo grande, ma anche repentino. Se infatti osservate la colonna che segna la variazione 2017/2016 vedrete che in un solo anno l’incremento del valore dell’export è stato di ben il 62,3%. In pratica siamo passati, in un solo anno, da 13 milioni a 21 milioni di euro di vino ligure venduto all’estero. Pensate poi, che nel 2013, il dato era poco più di 9 milioni di euro.
In generale quasi tutte le regioni mostrano una tendenziale crescita (a parte il crollo della Valle d’Aosta con una diminuzione nel periodo del 67,6%), ma nessuna crescita dell’export è paragonabile a quella della Liguria.
Si tratta di buona valuta, di buona economia (sperando che si sia realizzata un’equilibrata distribuzione del reddito lungo la filiera produttiva e commerciale) e soprattutto dell’affermazione dell’immagine vitivinicola di una splendida regione, che in quantità sarà ancora limitata (anche per ovvie ragioni geografiche e meno ovvie ragioni normative), ma in qualità non sembra ormai temere i confronti sui mercati internazionali, dove fa registrare indubbi successi.
Domandiamoci, però, se tutto questo è frutto del caso o di dinamiche esterne di mercato verso le quali gli attori del vino ligure sono soggetti passivi. Perché questo fenomeno d’internazionalizzazione? E a cosa è dovuto?
È merito dell’azione di alcuni singoli produttori illuminati e coraggiosi che “valigia in mano” sono andati in “giro per il mondo” a promuovere i loro prodotti? È frutto dell’azione promozionale dei loro consorzi, delle loro associazioni, dell’Enoteca Regionale della Liguria, delle Camere di Commercio o della Regione Liguria stessa? Dipende invece dall’azione dei professionisti di settore, a iniziare dai sommelier, per arrivare infine agli agenti rappresentanti, ai grossisti e alle catene distributive? Oppure dei vari comunicatori del vino con le loro pubblicazioni, articoli e azioni divulgative? O forse il mondo della ristorazione internazionale ha scoperto i vini della Liguria? Oppure, invece, si tratta del risultato dato dal riflesso del turismo internazionale che frequenta la Liguria?
È probabile che il risultato raggiunto sia frutto della sommatoria di tutti questi fattori, interni ed esterni alle dinamiche regionali, ma, di sicuro, non essendoci un monitoraggio, il peso specifico di ognuno di questi fattori non ci è ancora noto. Certo, che se s’intravedesse la possibilità di consolidare un sistema alle spalle, a supporto delle imprese produttrici, che sostenga in modo coordinato il loro processo d’internazionalizzazione, questo sarebbe il momento di non aspettare oltre per un ulteriore balzo in avanti.