Un itinerario in 6 tappe, quanti sono i centri a vocazione enologica della regione. Da est a ovest

nella foto uno scorcio di Dolceacqua
Arcola, Albenga, Ortovero, Ranzo, Pornassio e Dolceacqua: sono 6 le Città del Vino della Liguria, portabandiera di un turismo enogastronomico di qualità, in cui vino e territorio si fondono fino a diventare una cosa sola. Ed è proprio questo che succede nei sei borghi liguri dove l’inconfondibile marchio rosso su sfondo bianco – prestigioso riconoscimento creato dall’Associazione Nazionale Città del Vino nel 1987 a Siena per rilanciare l’immagine del vino italiano – sventola come orgoglioso vessillo. Noi vi conduciamo alla scoperta di questi borghi, da levante a ponente, per scoprirne cultura, natura e sapori.
Il nostro viaggio inizia ad Arcola, in Provincia della Spezia. Antico cassero romano, il borgo si presenta come un intricato mosaico di stradine lastricate, circondate da cappelle, santuari e vecchi mulini. Le vie concentriche del centro storico conducono a costruzioni religiose e civili di un certo fascino, come la Torre pentagonale degli Obertenghi, e fino al Castello: da qui, la vista aperta sulla Valle del Magra, puntellata da colline silenziose immerse nel verde fra viti e alberi d’olivo. E su una di queste, in località Masignano, campeggia l’Azienda Agricola Spagnoli che produce un bianco DOP o un rosso IGP.

Albenga, cerimonia bandiera “Città del Vino”
Seconda tappa, Albenga, ultimo comune in ordine di tempo insignito della Bandiera di Città del Vino. La cittadina appare come un’isola rossa nella piana del fiume Centa per il colore delle case, le chiese e i monumenti del centro storico.
Antico municipium romano che visse un momento di prosperità economica durante il Risorgimento, Albenga è rinomata per le tracce della cinta muraria e il Battistero di epoca paleocristiana, ma non solo. Le eccellenze enogastronomiche qui, infatti, si sprecano: dall’asparago violetto, presidio Slow Food, al carciofo di Albenga, al pomodoro cuore di bue, per arrivare al Vermentino, al Rossese, all’Ormeasco e soprattutto al Pigato. Un vino bianco secco, fresco, con intensi aromi fruttati e floreali che affonda le proprie radici a Salea, nell’albenghese. Fra le cantine produttrici, l’Azienda Agricola Enrico Dario fresca vincitrice del “Premio Qualità Italia 2017” con il Pigato Superiore 2015 “U Baletta” Riviera Ligure di Ponente Dop.
Dalla costa all’entroterra, al confine fra savonese ed imperiese, nei Comuni della Valle Arroscia, e raggiungiamo Ortovero. Appartenente anche all’Unione dei Comuni della Vite e dell’Ulivo, si tratta di un tranquillo paese immerso nel verde sulla riva sinistra del Fiume Arroscia. Paradiso per gli amanti del trekking che qui possono trovare una fitta rete di sentieri da percorrere a piedi o in bicicletta, Ortovero è anche la sede della Società Agricola Cooperativa Viticoltori Ingauni e dell’Azienda Agricola Vitivinicola Durin, cantina pluripremiata della Riviera di Ponente.
Piccolo borgo della media Valle Arroscia che si estende nel fondovalle dell’omonimo torrente, fra castagni, vigneti ed uliveti, è invece Ranzo. In questa stretta fascia di terra delimitata a nord dalle montagne e a sud dal mare, l’olivicoltura si affianca alla coltivazione della vite da cui si ricava, di nuovo, uno dei vini Dop più rinomati della Liguria: il Pigato. Fra le aziende agricole locali: A Maccia, Alessandri Massimo, Bruna e Deperi.
“Pornassio è il più spettacoloso e originale paesaggio viticolo che abbia mai visto in vita mia”, scriveva Mario Soldati in “Vino al vino” del 1975. E Pornassio, quinta tappa del nostro itinerario al sapore di mosto, è un paese nel cuore della Valle Arroscia: palazzi storici e religiosi, verdi distese e fitti boschi, fanno da cornice a pregiati vigneti e grandi vini che accompagnano i piatti della tradizione. Uno su tutti, l’Ormeasco di Pornassio: un vino rosso intenso dell’omonima DOP assimilabile al tipico Dolcetto piemontese.
Ultima tappa, Dolceacqua, borgo medievale della Val di Nervia. Città del Vino dal 2011 e primo in tutta la Liguria ad acquisire il riconoscimento di una Dop nel 1972, si arrampica dal mare alle Alpi fra oliveti, vigneti, boscaglia, fiumi e torrenti in un connubio di incomparabile bellezza. Anche Città dell’Olio e sede nazionale dell’Associazione dei Paesi Bandiera Arancione, Dolceacqua è diventata famosa per l’inconfondibile ponte a schiena d’asino immortalato perfino da Claude Monet, l’antico castello medievale dei Doria e la pregiata Dop Rossese di Dolceacqua. Un vino rosso rubino dai lievi riflessi granata che, da sempre, accompagna i piatti tipici della cucina locale. Fra questi il “Rossese di Dolceacqua Terrabianca 2015” dell’Azienda Agricola Terre Bianche, una delle migliori Cantine d’Italia 2017.