Cari Lettori,
nell’anno che celebra il cibo italiano apriamo, su Liguria Wine Magazine, questa rubrica che abbiamo chiamato “Market Place”. Questo nella consapevolezza che l’enogastronomia oggi non è solo alimentazione, ma lifestyle, salute, etica, status symbol, economia, occupazione e marketing territoriale.
Per questo, come primo articolo della nostra nuova rubrica, vi voglio parlare dell’orologio del consumatore, che non è digitale, di ultima generazione, ma analogico, come gli orologi di una volta, con le sue belle tre lancette.
Tutti noi consumatori ne abbiamo uno, ma non sta al nostro polso, sta invece nella nostra testa. Proviamo a spiegare.
La prima lancetta segna il “costo del prodotto”. Questo valore dipende dalla sommatoria dei costi di produzione e ben sanno i produttori liguri di vino di qualità quanto spesso sia elevato il costo finale, proprio in ragione di una serie di fattori quali, per esempio, la morfologia dei terreni, il coltivare sui terrazzamenti, le ridotte dimensioni aziendali e così via. Per questo motivo il prodotto non può che uscire dalla cantina già con un certo costo che, in ragione della distribuzione commerciale, incrementa e diventa il prezzo di vendita al consumatore. Ovvio, ma non solo in Liguria, che ad un vino di elevata qualità (e magari prodotto in zone difficili da un punto di vista logistico) corrisponda un costo proporzionatamente adeguato.
La seconda lancetta del nostro orologio segna invece la “capacità di spesa” del consumatore. Questa dipende in buona sostanza dal reddito di chi acquista e quindi va da sé che consumatori più abbienti possano permettersi una gamma di prodotti sul mercato più vasta e di più elevata qualità.
È chiaro che se le due lancette sono distanti siamo fuori target e fuori mercato, con ben poche possibilità di vendere il nostro prodotto. Però, se queste sono vicine verrebbe da dire che il gioco è fatto. Chi non conosce bene le dinamiche del mercato potrebbe pensare, infatti, che per vendere un vino di qualità, così come quelli prodotti in Liguria, basti che le due lancette siano vicine o coincidenti. Niente di più sbagliato! E questo soprattutto per i prodotti agroalimentari di alta gamma.
Infatti, è la terza lancetta che fa la vera differenza, quella che segna il “valore percepito”. Cosa significa? Significa che se il nostro consumatore, pur avendo la capacità di spesa per acquistare un vino di qualità, anche ad un costo elevato, non ne percepisce il valore, non lo acquisterà mai o, peggio ancora, acquisterà un prodotto concorrente di cui percepisce il valore.
È soprattutto su questo aspetto che, a parità delle altre condizioni (le due lancette del costo e della capacità di spesa), i vini liguri di qualità devono lavorare maggiormente. Il tema del valore percepito, infatti, condiziona il mercato ed è trasversale al processo e alla filiera produttiva e vedrete che sarà un tema ricorrente e condizionante anche nei nostri appuntamenti su questa rubrica. E lo sarà nei numeri, come Market Place vuol essere, non nelle chiacchiere.
Cosa vuol dire, allora, lavorare sul valore percepito? Significa che, al netto delle politiche di settore necessarie, per affermare il vino della Liguria oggi, la sfida è quella di far percepire al mercato, sempre più attento e qualificato, il valore di queste produzioni, la loro qualità, la loro storia, le loro tradizioni, le loro aree di produzione, insomma il loro terroir. Quindi, solo valorizzando il terroir e lavorando sul valore percepito, con il coinvolgimento di tanti attori della filiera e di coloro che trasferiscono innovazione e conoscenza, le imprese vitivinicole liguri, produttrici di vini a denominazione e/o di qualità premium, potranno intercettare consumatori con la capacità di spesa adeguata, ma anche con la conoscenza e consapevolezza di cosa sta dietro il prodotto.
Cosa si domanda, oggi, un consumatore consapevole e di elevato livello di fronte a un vino di qualità? Dov’è prodotto, qual è il legame con il territorio, sia fisico che culturale. Com’è fatto e chi lo fa, cioè quali sono le sue caratteristiche di produzione, storiche, tradizionali, tecniche ed etiche. Mi piace, cioè quali sono le caratteristiche organolettiche. Mi fa bene, cioè quale è il suo valore nutraceutico.
Quindi, il valore percepito è il risultato derivato, nella testa del consumatore, dalla sommatoria di fattori generanti quali le caratteristiche geologiche e geografiche del luogo di produzione, la tradizione, il cultivar, le tecniche di coltivazione, le tecniche di vinificazione, le caratteristiche organolettiche, il valore nutraceutico e il fattore umano. Queste sono le fondamenta su cui costruire il nostro vero brand.
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Considerazioni giustissime, che però trovano il solito ostacolo: l’effettiva capacità di passare dalle parole ai fatti, ossia di applicare nella pratica anche le più elementari tecniche di marketing da parte di molti produttori liguri, perché -essendo spesso di piccole dimensioni- non dispongono delle risorse necessarie per farlo.
Ma come si sa, esistono i mezzi per superare questi limiti, a cominciare da qualche buona idea.
E sarebbe davvero interessante a questo proposito proseguire questa conversazione tra i lettori di questa rubrica.