Un dolce legato al mare e un passito da gustare sotto l’albero. In compagnia di un mito
Vino: Golfo del Tigullio Moscato Passito
BRANO: “At Last” Etta James, Etichetta Argo Records (1960)
Per me il Natale è legato al mare, precisamente a San Terenzo, dove tuttora vive mia nonna di 96 anni e dove da piccole io e le mie sorelle trascorrevamo il pranzo della festa. A fine pasto sulla tavolata era sempre presente il Poncré, il dolce tipico del paese, comprato rigorosamente nella pasticceria Oriani, giù alla marina. Creato agli inizi del XX secolo somiglia a un plumcake per la consistenza morbida, insaporito poi con uvetta, frutta candita e pinoli. Si tratta di una preparazione esclusivamente locale, segreta e riprodotta ancora oggi da piccoli laboratori artigianali, che ne mantengono e ne diffondono la conoscenza, di generazione in generazione. Custodire la segretezza della ricetta è mio dovere e quindi non vi svelerò l’ingrediente segreto, ma tutti gli altri sì. Ecco il mio Poncré:
Ingredienti:
500 gr di farina 00
100 gr di burro
150 gr zucchero
Lievito 1/2 bustina
150 gr uvetta
50 gr pinoli
100 gr canditi
Vanillina
Liquore a piacere
Procedimento:
Mettere i canditi nel liquore una mezz’ora prima di prepararlo e l’uvetta in ammollo nell’acqua tiepida. Montare a neve gli albumi, incorporarli piano piano ai tuorli sbattuti con lo zucchero e aggiungere il burro e poi piano piano la farina, il lievito , l’uvetta e i canditi che avrete tolto dal liquido e asciugato. Trascorso il tempo della lievitazione ( due ore) trasferire l’impasto in uno stampo da plumcake e infornare in forno già caldo a 180° per 40 minuti..e mentre ve lo gustate, magari accompagnato da un buon bicchiere di Schiacchetrà, fatevi cullare dalla voce di Pat Boone che vi canta “White Christmas”…
Mentre cucino sull’altro piatto suona
Questo disco è capitato tra le mie mani grazie alla mia amica Laura: quando l’ho ascoltato ho pensato che non si trattava di un semplice vinile di una bravissima cantante ma di un vero miracolo. Il dolore, la passione e la vita uscivano fuori dalle casse, entravano nelle mie vene come un fluido magico che faceva vibrare ogni angolo della mia anima e la metteva a nudo. Perché Etta James ha questo dono: riesce a spogliarti l’anima. Il blues, soul, jazz, R&B, e rock si fondono in lei e diventano un’alchimia che ha forgiato una carriera di cinque decenni con una voce calda, appassionata e affascinante, donandoci più di una dozzina di singoli di successo e guadagnandosi cinque Grammy e un posto prominente nella Rock and Roll Hall Of Fame. Etta James, nome d’arte di Jamesetta Hawkins, nata a Los Angeles il 25 gennaio del 1938. La sua ‘carriera’ incomincia prestissimo: a cinque anni è già un prodigio del gospel che canta in chiesa e in radio con una voce splendida e una sicurezza che non ti aspetteresti da una bimba così piccola. Gioca a suo favore il suo straordinario talento e la guida attenta di James Earle Hines, uno dei pezzi grossi fra i pianisti jazz, uno di quelli che entrerà nella storia del genere. Dopo quasi sette anni di esperienza gospel, Etta James si trasferisce a San Francisco: è il 1950. Nel giro di pochissimo tempo riesce a mettere insieme un trio vocale con altre due ragazze, le “Creolettes”e due anni dopo Johnny Otis concede loro un’audizione. Etta James ha 14 anni e questo è l’incontro che cambia definitivamente la sua vita: Otis rimane infatti folgorato da lei e dalle sue due compagne d’avventura e nel giro di un altro paio di anni le convoca a Los Angeles per incidere un brano negli studi di Modern Records. Il singolo inciso si intitola “Roll With Me Henry”, eseguito dalla band di Otis con Richard Berry alla voce (il pezzo è conosciuto anche come “Dance With Me Henry”). Secondo la leggenda è in questo periodo che Otis ‘lavora’ sul nome di Jamesetta per trovare il nome d’arte Etta James. Sempre in questo periodo Otis decide di chiamare il trio vocale Peaches (soprannome di Etta). Nel 1955 “Roll With Me Henry” raggiunge la prima posizione nelle classifiche r&b, anche se con un titolo diverso: “The Wallflower” (il cambio è dovuto alle connotazioni non proprio perbene che secondo alcune emittenti radiofoniche erano nascoste nel titolo originale). Dopo il fortunato esordio discografico pare che la strada verso il successo sia in discesa. Invece ci vuole ancora qualche anno prima della vera esplosione: il resto del decennio conferma la fiducia di Modern Records, ma dopo lo scioglimento delle Peaches i successivi tentativi discografici non sono coronati da un successo paragonabile a quello di “The Wallflower”. Ne sono testimonianza brani come “Good Rockin’ Daddy” (che pure non si piazza male in classifica), “W-O-M-A-N” e “Tough Lover”. La seconda svolta, nella carriera di Etta James, arriva nel 1960: è in questo anno che la cantante cambia etichetta e firma con Argo Records, sussidiaria di Chess Records. Rimarrà con loro per i successivi sedici anni, durante i quali Etta James diventa famosissima e vede affiancare il suo nome a quello di Aretha Franklin e Dionne Warwick. La partenza con la nuova etichetta è subito in quarta: Leonard Chess capisce tutto il suo potenziale e la promuove come cantante di ballad, capace di sfumature pop e di ruvidezze gospel. Sanciscono la nascita di una stella brani come “All I Could Do Was Cry” (eseguita col suo fidanzato di allora, Harvey Fuqua), o come “At Last” , “Trust In Me” o la mia preferita “A Sunday Kind Of Love”. La grande stagione prosegue per i restanti anni Sessanta grazie a perle come “Something’s Got A Hold On Me” (1962), l’LP “Etta James Rocks The House” (1963, registrato dal vivo al New Era Club di Nashville) e il duetto con l’amico d’infanzia Sugar Pie De Santo (“In The Basement”, anno 1966). In questi anni purtroppo incomincia la sua dipendenza dall’eroina che la porta ad essere spesso ricoverata in clinica a Los Angeles. Nel 1967 arriva uno dei brani destinati a diventare un classico del suo repertorio: si tratta di “Tell Mama”, registrato presso gli studi di Rick Hall insieme a un altro singolo di tutto rispetto come “I’d Rather Go Blind”. A differenza di quest’ultimo brano, che è una classica ballad, “Tell Mama” si muove nel solco del southern soul e preannuncia la maggiore versatilità che caratterizza gli ultimi anni di contratto con Chess Records (Etta rimane fino al 1975). E per versatilità s’intende persino qualche esperimento rockeggiante. Il pieno ritorno nei territori soul che padroneggia è fissato per il 1988, grazie a “Seven Year Itch” (registrato per conto di Island Records). Non è però la fine della sua vena versatile: lo dimostrano il quasi sperimentale “Sticking To My Guns” (1990) e le sempre più frequenti incursioni nel jazz e nel blues. Album come “Let’s Roll” (2003) o “Blues To The Bone” (2004). Etta James muore all’età di 73 anni il 20 gennaio 2012 , nel Riverside Community Hospital a Riverside in California, dopo una lunga lotta contro il diabete e leucemia, lasciandoci l’enorme dono di una delle più grandi voci soul della storia della musica