La sbïra, minestra amata dai frequentatori del porto di Genova. Un rosso naturale e una voce indimenticabile

Trippa, un IGT Rosso e Amy Winehouse
VINO: Liguria di Levante Rosso IGT “Margot” 2016 – Pian della Chiesa
BRANO: Lioness, Hidden Treasures, Anno di pubblicazione: 2011, Casa discografica: Universal, Artista: Amy Winehouse
La sbïra, o minestra alla sbirra è una delle più tipiche preparazioni genovesi di trippa, anche se forse non è la più conosciuta. Il suo nome ci riporta ai tempi in cui era consumata dai doganieri e dalle guardie genovesi delle carceri situate nei sotterranei di Palazzo Ducale. Qui, a volte, la sbira costituiva l’ultima cena dei condannati a morte, l’ultimo desiderio esaudibile prima dell’esecuzione. Risale al 1479 quando dall’oratorio di Sant’Antonio, detto dei Birri, uscivano quelli che di mestiere avrebbero fatto la guardia carceraria, soprannominati “sbirri”. Servita caldissima, questa zuppa energetica e ipercalorica era ideale per ritemprarsi dopo ore di lavoro pesante e al freddo. In passato veniva consumata intorno alla mezzanotte nelle bettole e nelle osterie ed era molto apprezzata dagli scaricatori del porto, conosciuti in città come “caravana” o “camalli”. Ancora negli Anni ’70, a Sottoripa, gli studenti tiratardi mangiavano la zuppa all’alba con camalli, sbirri e malavitosi. Tradizione vuole che fosse uno dei piatti del Capodanno, spesso gustato bevendo vino e cantando in allegria.
Ingredienti:
1 Kg di trippa
100 ml di olio d’oliva
120 gr di burro
1 cipolla
1 gambo di sedano
1 ciuffo di prezzemolo
1 pugnetto di funghi secchi
1 cucchiaino di pinoli
1/2 bicchiere di vino bianco
sale
2 bicchieri di sugo di carne
1pentolino di brodo
pane casereccio abbrustolito
Procedimento:
Prima di tutto tagliate le trippe a listerelle e tritate fini le verdure e i funghi. Se non avete un sugo di carne e del brodo, preparateli. Se avete tutto mettete in una pentola abbastanza grande il burro, l’eventuale lardo e l’olio e fate rosolare le verdure e i funghi. Quando saranno dorati unite le trippe, i pinoli schiacciati e il vino. Mescolate fino a far evaporare l’alcol, aggiungete il sugo di carne e regolate il sale. Fare cuocere a fuoco basso col coperchio per un’ora e mezza mescolando ogni tanto e controllando che la trippa non si attacchi al fondo. Per servire preparate 3-4 ciotole grandi e fate tostare il pane in forno. Versate una mestolata di sugo, una di trippa e infine una di brodo. Il tutto deve amalgamarsi e rimanere ben caldo. Se volete potete aggiungere una cucchiaiata di parmigiano grattugiato a testa.
Mentre cucino sull’altro piatto suona…
Durante le vacanze di Natale la mia amica Laura mi ha chiamata dicendomi: «Vieni a casa mia, ti devo fare ascoltare un disco». Seduta sul divano, mi ha messo un bicchiere di vino rosso in mano e ha messo sul piatto “Lioness”, album postumo di Amy Winehouse. Laura mi conosce bene e sapeva che avrebbe centrato il bersaglio: Lioness un disco triste ma al contempo molto bello, che mette a nudo ciò che ha reso Amy Winehouse un’artista così unica e così travagliata. Contiene un sacco di brani inediti, demo, copertine e schizzi di canzoni, queste registrazioni si ascoltano come un pugno nello stomaco. Ti ricordano, prima di tutto, quella voce, una delle impronte vocali più riconoscibili della musica pop, un suono che balzò fuori dagli altoparlanti e afferrandoti per le orecchie. Qui, come sempre, il canto di Amy Winehouse è al tempo stesso raggiante e drammatico, ammiccante e indifferente, pieno di alto dramma e una spensierata sensazione di gioco, a volte tutte queste cose allo stesso tempo.
Le canzoni su Lioness sono state selezionate e prodotte da Salaam Remi, che ha lavorato con lei nel suo album di debutto Frank (2002) e nel successivo Back to Black (2009) e che era in attesa di produrre il suo terzo album. Remi sostiene di aver trascorso solo due settimane dalla morte della star 27enne “toccando le cose, aggiungendo alcune corde” alle 12 tracce che sono state registrate tra il 2002 e il marzo del 2011. Voleva chiaramente che i fan sentissero che la musica è cruda e “autenticamente Amy” , anche se in realtà molti dei brani scelti furono scartati al tempo delle registrazioni dalla stessa Winehouse. Amy ha sempre descritto se stessa come “una cantante jazz” ed è un piacere sentirla cantare il suo mondo attraverso stati d’animo e melodie.
Il cantato delizioso in “Our Day Will Come”, una rielaborazione reggae di una brano doo-wop, registrato nel 2002, o ascoltare “Half Time”, con la Winehouse che evoca l’atmosfera della domenica mattina, con la luce che oscilla attraverso le tapparelle su un sensuale groove jazz-soul degli anni ’70 e ancora sentirla cantare una delle mie canzoni preferite “”Will You Still Love Me Tomorrow” delle Shirelles, mi ha regalato vere emozioni. Poi c’è “Between the Cheats”, dai tentativi abortiti di Amy Winehouse di registrare un terzo album con il produttore Salaam Remi nel 2008. Una ballata di 6/8 R & B vecchio stile, che distilla perfettamente il matrimonio tra lo stile soul classico e lo stile unico della cantante. Poi arriva “Valerie”, uno dei preferiti del jukebox di Amy, la versione originale del tempo più lento del singolo post Back to Black di Mark Ronson e ancora “The Girl from Ipanema”, la prima canzone che la diciottenne Amy ha cantato quando è andata a Miami per registrare con Remi. Meno divertenti e meno perdonabili sono alcuni dei “tocchi” di produzione di Remi, in particolare una dissolvenza vocale nella demo del 2006 Wake Up Alone e una canzone del rapper americano Nas su un canzone altrimenti adorabile se vocalmente indistinta, Like Smoke. Amy Winehouse era un talento in formazione: il suo album di debutto, “Frank” (2003), era promettente ma imperfetto: il suo accattivante mix di brasserie londinesi e pop era minato dal suo modo di cantare eccessivamente educato e da un insicuro tocco di songwriting. Con “Back to Black” (2006), con l’aiuto del produttore Mark Ronson e di una pila di vecchi 45 giri degli Shangri-Las ha registrato canzoni bellissime , divertenti.
Lei stava ancora trovando la sua strada come cantante e cantautrice quando morì. Su Lioness, ci sono affascinanti richiami su ciò che è stato. Ma è difficile non credere che Amy Winehouse sia morta con il suo migliore lavoro ancora da realizzare. Non sentiremo mai i dischi che avrebbe potuto cantare. E questo fa male al cuore.