Un giro da Levante a Ponente per conoscere più da vicino tre perle enologiche della Regione
Parlando di vini bianchi liguri spesso si tende a pensare esclusivamente ai big della tradizione: Vermentino e Pigato. Il nostro territorio, invece, è anche ricco di vitigni a bacca bianca meno conosciuti e ristretti a una determinata zona. Scopriamone tre, con qualche curiosità sui origini e luoghi.

Un grappolo di Albarola con i caratteristici acini “calcati”
Un tempo chiamata “Calcatella”, per i suoi acini “calcati” gli uni sugli atri, l’Albarola è il primo che incontriamo, tipico del Levante. Nonostante si tratti di un vitigno autoctono ligure, la sua origine è ancora contesa tra le Cinque Terre e la Toscana. Il territorio d’elezione è la Val di Vara, sulle alture e lontana dal mare, che, con il clima fresco e poco soleggiato, conferisce all’uva note di freschezza e acidità. Il nome del vitigno richiama il termine “albino”: l’uva infatti non è in grado di maturare e la sua colorazione rimane sempre sui toni di un bianco-giallastro, senza virare verso un giallo più intenso. Il vino che si ottiene può essere vinificato in purezza nella DOP Colli di Luni Albarola oppure usato come assemblaggio nelle DOP Colline di Levanto, Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà.
Arriviamo poi nel cuore della Liguria, nell’entroterra del capoluogo, per scoprire la Bianchetta Genovese (in dialetto Gianchetta). Altro non è che un sosia dell’Albarola: recenti analisi di laboratorio hanno infatti dimostrato che i DNA dei due vitigni presentano numerose similitudini, tanto da essere considerati come un’unica varietà. La Bianchetta, largamente coltivata nella provincia di Genova, è inclusa sia nella DOP Val Polcevera, già apprezzata da Stendhal nella sua celebre opera “Viaggio in Italia”, sia nella DOP Golfo del Tigullio – Portofino.
Dal punto di vista sensoriale Albarola e Bianchetta si assomigliano molto. Il colore è un giallo paglierino tenue con sfumature verdognole e al naso si richiamano aromi delicati fruttati, che ricordano la mela verde e la mela renetta, e floreali con profumi di fiori bianchi. Al palato i vini risultano leggeri e poco strutturati ma caratterizzati da particolari note di sapidità riconducibili all’influenza del mare, seppur lontano, sui vigneti. A tavola entrambi i vini si prestano bene ad accompagnare sia piatti di mare sia piatti più tipici come le trofie al pesto, i formaggi e il coniglio alla ligure. La Bianchetta in particolare, come tradizione vuole, si sposa perfettamente con la regina della cucina genovese: la focaccia. La colazione classica dei camalli, così venivano chiamati gli scaricatori di porto, era infatti costituita da una mezza bottiglia di Bianchetta e una fetta di buona fugassa.
L’ultimo vitigno che incontriamo è la Lumassina, o Mataossu, coltivato unicamente nell’entroterra del savonese, tra Noli e Finale Ligure. Il suo nome in dialetto significa “lumachina”, in quanto il vino era solito accompagnare uno dei piatti tipici della zona, le lumasse. Inclusa nella denominazione Colline savonesi IGT, dà un vino con una tonalità giallo paglierino e con richiami di erba sfalciata, frutta fresca e fiori delicati, come la camomilla. In bocca è caratterizzato da acidità, sapidità e da un’intensità non persistente, con sentori di frutta, in particolare di albicocca matura. Trattandosi di un vino bianco secco, accompagna una vasta gamma di piatti, tra cui i fritti alla ligure, i frisceu e la panissa e, ovviamente, le lumache.
Così come questi tre vini sono gioielli meno noti, girando per i luoghi dove vengono prodotti, si possono scoprire angoli inaspettati. Partiamo da Calice al Cornoviglio, nel cuore della Val di Vara, dove si respira un’aria medioevale con i suoi castelli che un tempo dominavano sui feudi circostanti. Qui infatti troviamo il Castello Doria-Malaspina, di cui si hanno testimonianze fin dal ‘200 e che in passato fungeva da roccaforte e oggi ospita diverse mostre permanenti dedicate alle varie peculiarità della zona, come il Museo dell’apicoltura. Il borgo di Calice è infatti inserito nel circuito delle Città del Miele.

Villa Serra e il giardino all’inglese
E ancora, chi mai penserebbe di trovare una villa in stile inglese nel bel centro della Val Polcevera? Eppure, arrivando a Sant’Olcese, nella frazione di Comago, si può ammirare la neogotica Villa Serra Pinelli, costruita nel ‘700 in stile Tudor e circondata da un verdissimo english garden oggi aperto al pubblico. Sulle alture di San Lorenzino, nei pressi di Orco Feglino, la vera culla della Lumassina, si trova un piccolo ma interessante Parco Archeologico dove si possono ancora visitare i resti del Castrum medioevale.
Così, ancora una volta, il vino ligure diventa una buona occasione per scoprire le bellezze nascoste del territorio di Liguria.