L’azienda La Colombiera offre questo e altro. Il racconto del sommelier sulle etichette con le Stele
Innanzi tutto c’è Castelnuovo Magra, che dove ti metti ti metti è un incanto. Poi c’è quel vigneto, in dolce pendenza, quasi uno scivolo verso il mare, che pare ad un passo. La nuova sala degustazione, intelligentemente, li incornicia entrambi, l’hanno appena finita, accanto alla sede aziendale, località Montecchio. Ci hanno anche messo una cucina, seria, siamo solo agli inizi, ne vedremo delle buone.
La Colombiera di Pieralberto Ferro è in piena crescita, lo fa con nuovi investimenti, nuovi prodotti e nuove energie dalle nuove generazioni. A partire dai piedi di Castelnuovo, dove si può dire sia “nato” il Vermentino che conosciamo oggi, per lavorare attualmente su tutta la riva sinistra del Magra, con terreni a Sarzana, Santo Stefano e Fosdinovo. Durante la recente visita per l’Anteprima di Benvenuto Vermentino cerco di non farmi ammaliare dalle bellezze del luogo, dalla vista di cui sopra, e neppure dalle aggiornate etichette che riprendono l’immagine della statua stele (gruppo A, direi la Pontevecchio VIII, pur scomposta, non più la VI) che da sempre ha caratterizzato la produzione aziendale, e, stoico, mi concentro sui calici.
Assaggio per primo il Colli di Luni Vermentino 2017, da vari vigneti aziendali, l’etichetta azzurra, per intenderci. La mela è verde, gli agrumi e le aromatiche freschissime dicono già al naso che il potenziale c’è, ma che forse andrà aspettato qualche tempo, magari poche settimane, per equilibrare un po’ tutta quella freschezza che in quest’annata piuttosto calda ha saputo comunque mantenersi scalpitante.
Il Colli di Luni Vermentino Celsus 2017 viene dal quasi omonimo vigneto Celso, sulla omonima via di Fosdinovo. Siamo tra i 200 e i 240 metri sul mare, esposizione pieno sud, maggiore altitudine e distanza dal mare rispetto alla sede aziendale, non più uno scivolo quindi, quasi un trampolino. Profumo più intenso e complesso, la mela è pienamente matura, l’erbaceo definito, l’agrume delicato ma ben presente, penso comunque di doverlo aspettare, ed invece è già lì, con la bocca calda, freschissima, certo, ma già in un promettente equilibrio, il tutto guidato dalla sapidità interessante. Capisco che mi sono sbagliato: niente scivolo, niente trampolino, nulla che scenda. Sono piuttosto impianti di risalita, è il mare che sale ai colli, è la vite che ne rende la verticalità, il suo sapore. Buon vino adesso, se sarà al pari dei migliori della denominazione lo dirà il tempo, intanto, per una volta, vi autorizzo a bere una nuova annata già in primavera senza menarvela con i bianchi di carattere che vanno aspettati.
In attesa del Poggialino, da vigneto storico per la zona, di rosso ce n’è uno: il Colli di Luni Rosso Terrizzo 2015. Dentro c’è soprattutto sangiovese, ovviamente, e un 40% tra merlot e cabernet sauvignon. Mi affaccio al calice temendo un po’ troppa influenza dai vitigni internazionali per i miei gusti: nessun problema. La ciliegia al naso è perfettamente matura, una nota più fresca di ribes, e poi una speziatura non invadente, l’affinamento in legno è in botte grande, sembra proprio ben misurato; la bocca è calda, rustica e saporita, con quel tannino giusto, che lo lascia già perfettamente in beva oggi e gli permette di essere bevuto anche tra un paio di anni.
E poi c’è una novità, un rosato, ancora da sangiovese, questa volta col solo syrah. Il Rosacelsus 2017, non previsto in denominazione, nasce come vino “da tavola”, come si diceva fino a poco fa. Fiori e frutta all’olfatto sono un classico della tipologia, ma è nel palato che colpisce. Freschezza da vendere, sapidità, ormai si può dire, così tipica del territorio, ed un accenno di tannino che non guasta affatto, anzi gli da maggior spinta. Lo immagino sparire velocemente dai calici con mortadella nostrale e prosciutta castelnovese, non so perché ma mi vengono in mente anche le caldarroste, ma non c’è speranza alcuna, sarà come un’avventura estiva, le poche bottiglie evaporeranno certamente nei mesi caldi e a settembre resterà soltanto un dolce ricordo.